Il dito a scatto (scientificamente noto come tenosinovite stenosante) è una patologia che interessa le dita della mano; si tratta di una forma di tendinite molto frequente che colpisce i tendini flessori delle dita, cioè quelli che determinano la chiusura della mano.
Questa particolare patologia insorge a causa dell’infiammazione della guaina nella quale scorrono i tendini. A seguito di tale infiammazione si crea un rigonfiamento e un aumento dello spessore di una porzione del tendine; questo, a sua volta, porta allo sviluppo di un nodulo che impedisce il normale scorrimento del tendine all’interno dei piccoli canali legamentosi, il cui scopo è di mantenere in asse i tendini durante il movimento. Quando i tendini ingrossati vengono forzati nel passaggio attraverso il canale, si avverte un vero e proprio scatto. Il dito, a questo punto, può rimanere anche bloccato in posizione di chiusura, costringendo il paziente a utilizzare l’altra mano per stenderlo: un’azione che, spesso, risulta dolorosa.
La tenosinovite stenosante è una malattia che colpisce prevalentemente adulti fra i 40 e i 60 anni, con un’incidenza maggiore nel sesso femminile; tuttavia, il dito a scatto può interessare anche i bambini di età compresa fra i 6 mesi e i 2 anni, a causa della ristrettezza congenita del canale.
Negli adulti le dita maggiormente interessate sono il pollice, l’anulare e il medio (tanto che spesso può essere confusa con la tendinite al dito medio della mano), mentre nei bambini riguarda prevalentemente il pollice, che si blocca in flessione.
Il dito a scatto si presenta inizialmente con un indolenzimento alla base del dito, dove può essere rilevato un piccolo nodulo. Successivamente, durante il movimento di chiusura e apertura della mano, il dolore tende ad aumentare con occasionale comparsa dello scatto.
Nei casi più gravi lo scatto del dito è sempre presente durante la chiusura e l’apertura della mano e il dito interessato può rimanere in posizione chiusa senza riuscire ad estendersi.
Il dito a scatto si verifica maggiormente al risveglio, quando le dita del paziente sono flesse (cioè chiuse) ed è costretto a forzare il movimento per eseguire l’estensione e l’apertura completa della mano.
I fattori di rischio per l’insorgenza del dito a scatto sono:
La diagnosi del dito a scatto si effettua attraverso un esame clinico: il medico procede con la palpazione del palmo della mano, in corrispondenza dell’articolazione metacarpo-falangea, per rilevare la presenza di eventuali noduli sottocutanei spesso dolenti.
Un esame ecografico consente al medico di indagare sulla struttura del tendine e verificare la fluidità dei movimenti.
Per definire il percorso terapeutico per curare il dito a scatto, bisogna innanzitutto considerare la gravità della patologia stessa. Ci si può pertanto avvalere di 2 soluzioni:
Il tipo di approccio con il quale procedere dipende da caso a caso, ma è sempre consigliabile iniziare il percorso tentando (anche nei casi più gravi) con un ciclo di fisioterapia: questa soluzione, anche se non si riuscisse a risolvere i sintomi, contribuirebbe a un miglioramento della condizione clinica.
Il trattamento fisioterapico può essere composto da sedute di onde d’urto, laser ad alta potenza e tecarterapia (un tipo di trattamento elettromedicale). La somministrazione di antinfiammatori e l’applicazione di un tutore possono essere indicati per aiutare a diminuire l’infiammazione del tendine.
Se tutto questo non bastasse si renderebbe necessario procedere con l’intervento chirurgico. Questo viene eseguito in anestesia locale e consiste nell’apertura dell’”involucro” fibroso e nell’eventuale asportazione del nodulo che impedisce il corretto scorrimento del tendine.
È essenziale ricordare l’importanza della fisioterapia post-intervento da iniziare fin da subito; questa, infatti, porta al ripristino del normale movimento e della forza muscolare del dito, alla cura della cicatrice e al trattamento dell’edema. La fisioterapia evita inoltre la formazione di aderenze cicatriziali, una possibile complicanza post-operatoria.
In ogni caso, la mano può riprendere la sua normale funzione in sole 4 settimane.
FT Dr. Enrico Gumirato